3. Il colera

a cura di Teresa Martini ed Emma Mariotto

Il colera fece la sua prima apparizione in Europa nel 1830 proveniente dall’India; in Piemonte si manifestò nel 1835 e raggiunse il Cuneese arrivando dalla Francia.

Il 10 agosto di quell’anno il Consiglio Comunale di Cambiano si riunì per dare attuazione al decreto dell’Intendenza Generale, datato 6 dello stesso mese, il quale prescriveva una perizia sulle acque dell’abbeveratoio pubblico detto “l‘avajrol” per verificare se esso fosse idoneo a garantire la “Salubrità pubblica”. L’abbeveratoio in questione doveva trovarsi lungo il viale alberato di fronte all’Ospizio “Vincenzo Mosso” e le sue acque venivano usate per dissetare il bestiame e costituivano una scorta in caso di incendio.

L’incrocio dove era ubicato anticamente l’abbeveratoio

Gli amministratori comunali, che sette giorni prima si erano rifiutati di prendere in considerazione la possibilità della sua chiusura proprio per l’uso che se ne faceva, furono costretti a sentire il parere dei medici cambianesi Vincenzo Masera, Gioanni Torreri e Massimino Lupotto.

Il giudizio fu unanime: le acque putride esalavano cattivi odori e potevano provocare febbri, malattie ed essere “causa predisponente al malore che ci minaccia”. Vi era quindi necessità indifferibile ed urgente di otturarlo riempiendolo di terra.

Il 19 agosto il Consiglio dovette affrontare il problema delle cure e dell’ospitalità da prestare agli ammalati in caso di “invasione dal cholera”. La prima cosa da fare era trovare una casa in grado di ospitare i poveri senza abitazione o con abitazioni in condizioni precarie, la seconda procurare letti, biancheria, alimenti e farmaci. Una casa veniva offerta da Giuseppe Raymond, mentre un’altra era in trattative tramite la Commissione di sanità.

Per le restanti necessità venne stanziato un fondo di lire 1.042,50 e si diede incarico al vicesindaco Antonio Martini di acquistare dieci trapunte, dieci coperte catalogne di lana, trenta lenzuola, confidando che “le panchette per i letti, pagliericci e minori lingerie siano somministrate dalla pietà ed amore del pubblico bene delle persone agiate e caritatevoli…”.

Ma il colera risparmiò Cambiano e l’unico morto si ebbe l’8 settembre: nel registro delle sepolture il parroco Compayre annotò in latino che alle ore 4,30 del mattino era morto Gambino Secondo di Villanova d’Asti. Venne sepolto con urgenza alle ore 1,30 pomeridiane dello stesso giorno a causa molto probabilmente della malattia contagiosa: tutto, infatti, fa supporre che il Gambino fosse stato colpito dal colera.

Nel 1854 ci fu un’altra importante epidemia di colera, ma anche questa volta il paese venne risparmiato. 

Il Timmermans nel suo libro Le epidemie coleriche riporta: “…a Pecetto si ebbero due casi; uno solo ma fatale a Lanzo, Cambiano e Poirino”. Il registro parrocchiale delle sepolture del 1854 non fornisce alcuna informazione sulle cause dei decessi per cui non è stato possibile individuare la persona colpita.

Meritevole di attenzione è lo studio del colera fatto dal medico cambianese Lorenzo Martini (Cambiano 1785 – Torino 1844), che si affermò grazie alle sue notevoli doti e ricoprì alcuni importanti incarichi, tra i quali quello di Conservatore generale del vaccino, docente di medicina legale e Rettore dell’Università degli studi di Torino. Nel 1835 fu membro della Commissione medica voluta dal re per il colera.  Egli si occupò di come poter sfuggire al morbo e dei primi soccorsi da prestarsi ai colpiti. Su questa malattia diede alle stampe due opere: Della colera indica nel 1831 e Invito a medici piemontesi all’occasione del cholera – morbus nel 1835. Singolare il fatto che proprio a Cambiano, dove era nato un tale luminare di medicina, esperto di colera, gli amministratori comunali siano stati inizialmente restii a prendere provvedimenti per evitarne la diffusione!

Tratto da AS 18, Ordinati, 10 agosto 1835 e 19 agosto 1835